Eni pagherà in Rubli il Gas Russo? Cosa succederà al mercato italiano in questa eventualità?
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Con i nuovi ultimatum della Russia molti paesi dell'Unione europea stanno valutando l'acquisto del gas russo anche in rubli, come presentato dal decreto del presidente Putin e ribadito più volte ai media e nelle conferenze ufficiali. Cosa farà Eni?
In uno stato progressivo, sebbene lontano da risultati finali, di indipendenza energetica dalla Russia, l'Italia si trova a dover scegliere un percorso netto.
Eni pagherà il gas russo in rubli?
I paesi europei, con la preoccupazione che la Russia blocchi i rifornimenti, stanno valutando di aprire i cosiddetti "conti K" presso la Gazprombank, conti "dedicati" con cui vengono effettuate buona parte delle transazioni economiche tra Russia ed Europa presso la banca privata russa. Il pagamento quindi avverrebbe in euro da parte degli stati europei, per poi essere convertiti in rubli dallo stesso istituto bancario, scaricando il costo di cambio sulle aziende.
In questo modo non si contravverrebbe alle sanzioni UE verso la Russia, rispettando al contempo il decreto emanato dal presidente Vladimir Putin in data 1 aprile 2022, in cui ha sancito l’obbligatorietà di pagare in rubli i rifornimenti di gas.
A fronte di questa eventualità, i molti rumors dei periodici hanno individuato i nomi dei paesi europei che avrebbero accettato questa modalità o che stiano valutando di intraprendere questo percorso, ed in quest'ultima categoria è rientrata anche l'Italia.
Rapida è stata la risposta di Francesco Gattei, Cfo di Eni, che ha subito smentito questa eventualità per il Paese, almeno per il momento, come riportato da Ansa:
Eni sta analizzando la situazione in stretto coordinamento con le autorità europee e il governo.[...] Pagheremo il gas consegnato nel rigoroso rispetto delle condizioni contrattuali e delle sanzioni internazionali.[...] La valuta del contratto e la fattura sarà in euro e non abbiamo aperto un conto in rubli.
C'è inoltre da aggiungere che, se venisse effettuata questo tipo di transazione con la Russia, il costo di conversione ricadrebbe sulle società che acquistano il gas (es. Eni) e, quindi, inevitabilmente anche sui clienti finali, che vedrebbero nuovamente un aumento del prezzo della materia prima in bolletta.
Nel mentre, proseguono gli accordi per aumentare il flusso di import gas da altri paesi con cui sono già presenti accordi di interscambio. Il presidente del Consiglio Mario Draghi, accompagnato dai ministri Di Maio (Affari Esteri) e Cingolani (transizione ecologica), nonché dall’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi.
Tra i paesi esportatori sono state già firmate intese con Algeria, Qatar, Angola, Congo, Mozambico e Azerbaigian, dimostratisi interessati ad aumentare l'export del gas in direzione dell'Italia.
Da ottobre 2022, per l'accordo di compensazione con Eni e Shell, le famiglie della Basilicata il costo della materia prima gas sarà azzerato in bolletta, scopri come sul nostro articolo "Gas Gratis in Basilicata"
Chi paga il gas in rubli?
Stando a quanto scritto dal periodico Bloomberg, dieci paesi UE starebbero seriamente valutando di aprire il conto in rubli. Altri quattro avrebbero invece già completato i pagamenti seguendo il nuovo procedimento. Tra questi, si hanno notizie certe di Slovacchia e Ungheria, confermato anche dalle parole ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó:
L’approvvigionamento dell’energia è materia di sicurezza nazionale e il governo ha il dovere di garantire la sicurezza ai cittadini.
Nei giorni scorsi era venuto fuori anche il nome dell’Austria, per cui è arrivata rapida la smentita del cancelliere Karl Nehammer.
Perché la Russia non potrà sostituire l'Europa con la Cina (almeno per ora)
Mano a mano che il conflitto russo-ucraino prosegue, appare evidente come la Russia sembri destinata a perdere quote all'interno del mercato energetico europeo, con il rischio nel lungo periodo di perderne completamente l’accesso.
Nell’immediato, però, è certo che l’Europa non sia in grado di sostituire del tutto il gas russo con quello di altri esportatori. Allo stesso modo, il rischio che la Russia sostituisca il mercato europeo con quelli asiatici non è una ipotesi concreta per il breve periodo. Sebbene Mosca stia lavorando per aumentare le proprie capacità di esportazione di gas naturale verso la Cina, il processo risulta tutt'altro che rapido a causa della mancanza di infrastrutture adeguate.
Nel 2021 la Russia ha esportato in Cina 16,5 miliardi di metri cubi di gas tramite gasdotti o in forma di GNL (gas naturale liquido). Volumi ben più bassi di quelli esportati verso l'Europa, se si pensa che la sola Italia dipendesse nello stesso anno per 28,9 miliardi di metri cubi provenienti dai gasdotti russi.
PAO Gazprom è una multinazionale russa controllata dall'omonimo governo ed è attiva nel settore energetico e minerario, con focus particolare nell'estrazione e la vendita di gas naturale. Gazprom è la più grande azienda di gas naturale quotata in borsa e la 40° azienda al mondo per fatturato nel 2021. L'incarico di presidente di Gazprom è attualmente affidato a Viktor Zubkov, primo ministro di Putin tra il 2007 e il 2008. All'interno della multinazionale troviamo molte figure dirigenziali legate ai cosiddetti oligarchi russi.
I volumi di riferimento del gas non sono l'unica variabile da prendere in considerazione: il mercato cinese non porterebbe gli stessi vantaggi economici alla Russia quanto quello europeo, questo perché, a fronte di lunghe trattative Mosca-Pechino sul prezzo del gas metano, la vendita del combustibile al mercato di Pechino avviene con un forte sconto rispetto a quanto effettuato verso il nostro mercato.
Le intenzioni russe però sembrerebbero prendere questa direzione per il futuro: a febbraio 2022, alcune settimane prima dell’invasione ucraina, Russia e Cina hanno proclamato un accordo sul gas naturale per 48 miliardi di metri cubi annui, 10 dei quali verranno spediti attraverso una rotta nell’estremo oriente, passando per l’isola di Sachalin all’interno del gasdotto Sachalin-Chabarovsk-Vladivostok. Ad oggi, questo gasdotto possiede una capacità di 8 miliardi di metri cubi all’anno, ma Gazprom intende portarla a 30.
I restanti 38 miliardi annui riguarderebbero la conduttura Forza della Siberia, entrata in funzione alla fine del 2019, che tuttavia è ben lontana dai numeri richiesti (14 mld) e potrà raggiungere la capacità richiesta non prima del 2025.
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