Prezzo del petrolio a ribasso: è squilibrio tra domanda ed offerta

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L’abbassamento del prezzo del petrolio non si arresta. Nel corso del 2015 aveva già perso 30 punti percentuali ed ora, ad un paio di settimane dall’inizio del nuovo anno, già registra una diminuzione del 15%.

Per i produttori c'è il rischio che scenda al di sotto dei 30 dollari al barile e c’è chi stima future quotazioni a 20 dollari.

E se il calo del greggio prefigura opportunità di risparmio per i consumatori finali, dall'altra parte potrebbe accendere un campanello dall'arme per gli investimenti sulle rinnovabili. La convenienza all'acquisto del petrolio potrebbe far perdere di vista gli obiettivi delle politiche di sostenibilità ambientale, messe su con difficoltà nel corso degli anni. 

L’abbassamento del prezzo del petrolio viene solitamente frenato dai Paesi produttori mediante la diminuzione  della quantità di petrolio estratta e lasciando che la domanda insoddisfatta riconduca ad un rialzo del prezzo.

Questa volta, però, nessuna delle parti in campo sembra essere disposta a tagliare la propria produzione di petrolio per riequilibrare l’offerta.

Perché quest’eccesso di offerta?

Il primo motivo per cui il prezzo del petrolio non smette di scendere è la rivalità tra sauditi ed iraniani.

L’Iran, in vista della fine delle sanzioni che lo avevano tagliato fuori dal mercato petrolifero, si riapre solo ora all'estrazione di petrolio e non si vede disposta a tagliare la propria produzione. In più, ha dichiarato espressamente l’obiettivo di tornare ad esportare ai livelli antecedenti all'embargo con il mondo occidentale.

L’Arabia Saudita, numero 1 nella produzione di petrolio, dal canto suo, ha tagliato i prezzi del petrolio destinato all’Europa ed al bacino del Mediterraneo con l’obiettivo di frenare il rientro nel mercato dell’Iran ed il riallaccio dei rapporti con il mondo occidentale. 

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La discesa del prezzo del petrolio non si arresta.

L’Arabia Saudita vuole, inoltre, contrastare la concorrenza del petrolio non convenzionale, prodotto principalmente negli Stati Uniti, dove nuove tecniche di trivellazione, il fracking, hanno permesso la comparsa in America di quattro milioni di barili di greggio al giorno. 

Al momento si producono 2 milioni in più al giorno di quanto ne chieda il mercato globale e cento milioni di barili restano in magazzino, ovvero l’equivalente ad un giorno di consumo globale.

Cosa sta succedendo alla domanda di petrolio?

Accanto ad un nuovo comportamento strategico dell’offerta di petrolio, si delinea anche un nuovo volto della domanda di petrolio globale. Quest’ultima si è sensibilmente abbassata, a causa di due fattori:

  • Crisi economica dell'Eurozona: in Germania, Spagna, Francia ed Italia si è registrato un calo dei consumi di petrolio. Nel 2004 l’Europa consumava 671 milioni di tonnellate di petrolio, dieci anni più avanti ne consumava già il 20% in meno.
  • Il rallentamento dell’economia cinese: secondo gli esperti, la discesa dei consumi di petrolio dell’occidente sarebbe dovuta essere contrastata dalla crescita di quelli dei paesi emergenti, Cina e India. Ma la frenata dell’economia cinese inverte la rotta: la domanda di petrolio scende e, mantenendo gli stessi ritmi di produzione, cala inesorabilmente il prezzo;
  • Usi efficienti dell'energia: lo sviluppo tecnologico, l'attenzione alle fonti rinnovabili ed un uso strategico delle risorse energetiche ha permesso la diminuzione dell'utilizzo del petrolio. Ad esempio, motori delle macchine più efficienti, oppure non alimentati a benzina, spiegano il calo di consumi di carburante in Italia, che è passato da 37,9 milioni di tonnellate nel 2005 a 30,6 milioni di tonnellate nel 2014. 

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